1 commenti su “Our school

  1. Credo con sempre maggior forza e convinzione che il vero e autentico antidoto all'ipocrisia del cinema moderno ed alla direzione (sbagliata, secondo il mio modesto parere) che ha intrapreso sia il documentario, unico genere che può onestamente coniugare argomenti di massimo impegno sociale con profonde riflessioni non tanto del regista in sè quanto dello spettatore cui non viene chiesto di staccare la spina ma al contrario di riattaccarla. In questo magnifico caso si affronta, visto dalla parte di un sudcoreano, la rappresentazione, senza filtri, delle vicende di una scuola di matrice NORDcoreana che sorge nell'isola di Hokkaido, l'isola più a nord dell'arcipelago giapponese. Stranieri in terra straniera in quanto coreani, odiati dagli esponenti di una cultura destrorsa, per decenni (e tutt'ora) considerati più o meno ostili e nemici, spesso attaccati dai media, ma portatori (sani?) di un'identità nazionale in un periodo storico importantissimo che precede, non si sa di quanti anni, la tanto agognata riunificazione.
    Questo documentario racconta, soprattutto attraverso i suoi studenti e i suoi insegnanti, un anno di questa scuola, le sue vicissitudini, il ciclo di nascite e morti, l'evoluzione dei suoi protagonisti (e del regista stesso), la gita nella madrepatria (la Corea del nord) che raccontata dagli studenti pone numerosi interrogativi sulla campagna filooccidentale, al punto che viene da chiedersi dove stia la propaganda, a nord o a sud, a est o a ovest. E' questo il punto fondamentale: pensarci, e non appisolarsi e adagiarsi ad una cultura fatta dagli altri.
    Se il cinema (quello vero, non la macchina da soldi che è diventata) prendesse esempio da questi esempi, avrebbe un posto e un ruolo di prim'ordine e non sarebbe relegato a puro e semplice svago o alternativa del sabato sera.
    Grandioso.

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