3 commenti su “Breath

  1. Un “complimentone” a chi ha tradotto Breath con “Soffio” quando era molto più semplice e azzeccato usare semplicemente la traduzione più letterale “Respiro” che poi è anche al centro della trama del film…bastava vederlo :em49:
    Comunque mi è parso migliore del precedente, anche se il ritorno al “silenzio” così tanto richiesto “a gran voce” dai “fan” è stato rimarcato in una via di mezzo tra il polemico e l'ironico dallo stesso regista nel film… :em46:
    Nel complesso non male, con degli apici notevoli.

  2. Yeon, moglie tradita e scultrice in crisi, sprofonda nell’ergastolo della solitudine in un’orrida casa ultramoderna. Apprende del tentativo di suicidio di un condannato a morte, si finge una sua ex, lo va a trovare in carcere. Grazie alla sadica complicità guardona di chi regola le visite e concede contatti sempre più spinti (lo spione è lo stesso regista Kim Ki-duk in pressing sulla propria funzione), apre al prigioniero il cuore dei propri ricordi e allestisce per lui canti in ambienti pacchiani portandogli le stagioni dietro le sbarre: il parlatorio non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti tra i quali la donna ricostruisce se stessa celebrando la rivincita coniugale. Che avrà successo: l’ultima stagione sarà vissuta all’aria aperta dalla famiglia riunita. E poco importa sia l’inverno: la geometrica poesia feroce di questo sublime coreano scalda la neve come la nitida metamorfosi delle sue trame sopporta ogni apnea. La necessità e la disperazione del silenzio lanciano un grido devastante contro una modernità imbalsamata che ci rende muti. In questo capolavoro attutito: corde vocali offese, graffiti accaniti, gelosie sempre tacite, schiaffi che umiliano (mai pugni), una bimba chiede matite, una mano invoca l’autostop.

    http://city.corriere.it/cinema.php?id=416&who=city

  3. Ho tolto una stellina al mio voto, per il semplice fatto che onestamente questo film non può essere considerato migliore di “The isle”, seppur quest'ultimo non mi abbia particolarmente colpito. Chissà, forse una visione di “Breath” in lingua originale sottotitolata (purtroppo in inglese) potrà farmi ritornare sui miei passi, ma ne dubito…

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